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mercoledì 30 novembre 2011
lunedì 28 novembre 2011
Friedensreich Hundertwasser, una vita all'insegna dell'armonia, vissuta in sintonia con la natura
"Al giorno d'oggi viviamo in un caos di linee rette, in una giungla di immorali linee rette. La livella e il metro dovrebbero essere vietati, sono il simbolo dell'ignoranza e il sintomo della disintegrazione della nostra civilizzazione".
Friedensreich Hundertwasser
Friedensreich Hundertwasser
domenica 27 novembre 2011
quel tempo in me puoi scorgere
That time of year thou mayst in me behold,
When yellow leaves, or none, or few do hang
Upon those boughs which shake against the cold,
Bare ruined choirs, where late the sweet birds sang.
In me thou seest the twilight of such day,
As after sunset fadeth in the west,
Which by and by black night doth take away,
Death’s second self that seals up all in rest.
In me thou seest the glowing of such fire,
That on the ashes of his youth doth lie,
As the death-bed, whereon it must expire,
Consumed with that which it was nourished by.
This thou perceiv’st, which makes thy love more strong,
To love that well, which thou must leave ere long.
Quel tempo in me puoi scorgere in cui gialla
foglia nessuna, o rara, ai rami pende
tremanti contro il freddo, nudi cori
già famosi, ove dolci erano i canti.
Vedi in me come un giorno impallidisce
dopo il tramonto, e via la nera notte
se lo porta, alter ego della morte,
che ogni cosa suggella nel riposo.
Vedi in me sulle ceneri del suo
vigore il barbaglìo d’un fuoco, come
sul letto funebre ove spirerà,
consumato da ciò che lo nutriva.
Ciò percepisci, e più forte il tuo amore
ama ciò che dovrai presto lasciare.
William Shakespeare, Sonetto 74 (traduzione di Giuseppe Ungaretti)
When yellow leaves, or none, or few do hang
Upon those boughs which shake against the cold,
Bare ruined choirs, where late the sweet birds sang.
In me thou seest the twilight of such day,
As after sunset fadeth in the west,
Which by and by black night doth take away,
Death’s second self that seals up all in rest.
In me thou seest the glowing of such fire,
That on the ashes of his youth doth lie,
As the death-bed, whereon it must expire,
Consumed with that which it was nourished by.
This thou perceiv’st, which makes thy love more strong,
To love that well, which thou must leave ere long.
Quel tempo in me puoi scorgere in cui gialla
foglia nessuna, o rara, ai rami pende
tremanti contro il freddo, nudi cori
già famosi, ove dolci erano i canti.
Vedi in me come un giorno impallidisce
dopo il tramonto, e via la nera notte
se lo porta, alter ego della morte,
che ogni cosa suggella nel riposo.
Vedi in me sulle ceneri del suo
vigore il barbaglìo d’un fuoco, come
sul letto funebre ove spirerà,
consumato da ciò che lo nutriva.
Ciò percepisci, e più forte il tuo amore
ama ciò che dovrai presto lasciare.
William Shakespeare, Sonetto 74 (traduzione di Giuseppe Ungaretti)
giovedì 24 novembre 2011
mercoledì 23 novembre 2011
sono io oppure sei tu
la donna che ha lottato tanto
perché il brillare naturale dei suoi occhi
non lo scambiassero per pianto ...
Ivano Fossati, La canzone popolare
lunedì 21 novembre 2011
luce e ombra... in ciascuno di noi
As where’s that palace, whereinto foul things
Sometimes intrude not? Who has a breast so pure,
But some uncleanly apprehensions
Keep leets and law-days, and in session sit
With meditations lawful?
Qual’è il brillante palazzo in cui non penetri
talvolta qualche persona immonda? Chi ha un petto così puro
in cui qualche immonda fantasia non si insinui talvolta
sedendosi a discussione nei giorni d’udienza
con dei pensieri onesti?
William Shakespeare, Othello, Act III, scene 3, lines 141-145
lunedì 14 novembre 2011
ho sceso dantoti il braccio...
Ho sceso, dandoti il braccio, almeno un milione di scale
e ora che non ci sei è il vuoto ad ogni gradino.
Anche così è stato breve il nostro lungo viaggio.
Il mio dura tuttora, né più mi occorrono
le coincidenze, le prenotazioni,
le trappole, gli scorni di chi crede
che la realtà sia quella che si vede
Ho sceso milioni di scale dandoti il braccio non già perché con quattr’occhi forse si vede di più.
Con te le ho scese perché sapevo che di noi due
le sole vere pupille, sebbene tanto offuscate,
erano le tue.
Eugenio Montale
e ora che non ci sei è il vuoto ad ogni gradino.
Anche così è stato breve il nostro lungo viaggio.
Il mio dura tuttora, né più mi occorrono
le coincidenze, le prenotazioni,
le trappole, gli scorni di chi crede
che la realtà sia quella che si vede
Ho sceso milioni di scale dandoti il braccio non già perché con quattr’occhi forse si vede di più.
Con te le ho scese perché sapevo che di noi due
le sole vere pupille, sebbene tanto offuscate,
erano le tue.
venerdì 11 novembre 2011
mercoledì 9 novembre 2011
martedì 8 novembre 2011
lunedì 7 novembre 2011
sabato 5 novembre 2011
venerdì 4 novembre 2011
giovedì 3 novembre 2011
martedì 1 novembre 2011
Poesia mia vai
Poesia mia vai da mia nonna che non c’è più,
salutala e abbracciala da parte mia,
dille che mi manca,
e raccontale di me,
quando vuoi torna
ma non andartene mai via come lei,
resta a farmi compagnia.
,
la mia nipotina Cecilia, anni 10, per la sua nonna Giulia
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