That time of year thou mayst in me behold,
When yellow leaves, or none, or few do hang
Upon those boughs which shake against the cold,
Bare ruined choirs, where late the sweet birds sang.
In me thou seest the twilight of such day,
As after sunset fadeth in the west,
Which by and by black night doth take away,
Death’s second self that seals up all in rest.
In me thou seest the glowing of such fire,
That on the ashes of his youth doth lie,
As the death-bed, whereon it must expire,
Consumed with that which it was nourished by.
This thou perceiv’st, which makes thy love more strong,
To love that well, which thou must leave ere long.
Quel tempo in me puoi scorgere in cui gialla
foglia nessuna, o rara, ai rami pende
tremanti contro il freddo, nudi cori
già famosi, ove dolci erano i canti.
Vedi in me come un giorno impallidisce
dopo il tramonto, e via la nera notte
se lo porta, alter ego della morte,
che ogni cosa suggella nel riposo.
Vedi in me sulle ceneri del suo
vigore il barbaglìo d’un fuoco, come
sul letto funebre ove spirerà,
consumato da ciò che lo nutriva.
Ciò percepisci, e più forte il tuo amore
ama ciò che dovrai presto lasciare.
William Shakespeare, Sonetto 74 (traduzione di Giuseppe Ungaretti)
¿un ocozol?
RispondiEliminaSadness.
RispondiEliminaPenso che a William piacerebbe molto vedere le sue parole accompagnate dalle tue splendide immagini....si sentirebbe profondamente compreso, da te e grazie a te.
RispondiEliminaOra me ne sto un po' qui. :)